Quali valori riconoscere all’acqua?

Graziano Ferrari, biologo, socio del Rotary eClub 2050.

 
Credo sia importante attribuire all’acqua tre valori: uno ecologico, uno socio-politico ed uno economico.
Dell’importanza del valore ecologico siamo tutti esperti. Senza l’acqua non esisterebbe la vita non solo quella acquatica. E’ il principale componente di tutti gli organismi viventi (il corpo umano è costituito per il 65% da acqua), è presente nelle principali reazioni biochimiche come solvente o come veicolo di trasporto. E’ uno dei principali reagenti della fotosintesi clorofilliana, processo fondamentale per la vita terrestre. Per sostenere questi processi oltre il 70% del pianeta è coperto di acqua che rappresenta circa un millesimo del volume complessivo della Terra. Di questo volume però, solo il 2,5% è acqua dolce che per più di 2/3 si trova nei ghiacciai o in risorse sotterranee, per cui meno dell’1% di acqua dolce è facilmente accessibile. Secondo uno studio di Science del 1996 il ciclo naturale dell’acqua genera circa 110.000 Km3/anno di acqua, come risorsa rinnovabile. Di questi circa il 10% può essere utilizzato dall’uomo per scopi irrigui, industriali, civili, ludici e per navigazione. Questo 10% potrebbe essere incrementato tramite la costruzione di dighe, che impediscano il rapido deflusso delle acque meteoriche verso il mare. Ma questo ottimistico incremento si scontra con una diversa realtà. Il ciclo naturale dell’acqua è stato modificato dal costante aumento della pressione antropica. La crescita demografica, lo sviluppo industriale, l’abbandono delle campagne in favore del concentramento verso grandi metropoli (oggi il 30% degli abitanti vive in città con più di 4 milioni di persone) hanno di fatto modificato, in modo permanente, il ciclo dell’acqua. Gorbaciov scrive che “…Le due più significative eredità lasciateci dal XX secolo (l’esplosione demografica e quella tecnologica) hanno preteso un tributo in termini di risorse idriche. Oggi molte più persone soffrono per la carenza di acqua potabile rispetto a venti anni fa; stiamo esaurendo e inquinando un numero sempre maggiore di sorgenti d’acqua dolce. Le moderne tecnologie ci hanno permesso di sfruttare una gran quantità dell’acqua mondiale per usi energetici, industriali e agricoli, ma spesso a un terribile prezzo per la società e per l’ambiente, e molte pratiche tradizionali per la salvaguardia delle acque sono state abbandonate lungo la strada. La maggior parte delle soluzioni della crisi deve essere elaborata e attuata a livello locale, sempre tenendo presente che l’acqua non deve essere data per scontata, né diventare proprietà di gruppi particolari per esigenze particolari…”
Nei paesi industrializzati la qualità dell’acqua costituisce il problema centrale della gestione delle risorse idriche per quanto concerne sia gli usi correnti che la disponibilità per le generazioni future. Obbiettivo di una gestione corretta della risorsa acqua deve essere quello di assicurare la continuità (anche futura) della sua quantità e qualità per i vari usi, non ultimo quello “ecologico”.
Tutti noi conosciamo quali conseguenze ha avuto lo sviluppo industriale nel nostro paese, non adeguatamente seguito da una efficace politica di costruzioni di infrastrutture di servizio e da un’attività di controllo non solo a fini repressivi ma volto all’educazione dell’uso della risorsa idrica, premiando i comportamenti virtuosi. La normativa italiana ha introdotto il concetto di salvaguardia dell’acqua con il Decreto Regio del 1933, relativamente agli aspetti quantitativi (regimazione, concessioni, proprietà), ma solo nel 1976 con la cosiddetta Legge Merli, si è approcciato l’aspetto qualitativo dell’acqua con la regolamentazione degli scarichi nei corpi idrici superficiali e su suolo. Da Porto Marghera all’Acna di Cengio, dall’atrazina nell’acquedotto di Milano all’arsenico in quello di Napoli, sono tantissimi gli esempi che testimoniano l’incuria e l’incapacità del paese a dare risposte sul tema dell’inquinamento delle acque. Nel luglio del 2014 la Corte di Giustizia dell’UE ha condannato l’Italia perché sono oltre 100 le aree del nostro paese che non rispettano i vincoli di collettamento fognario e di depurazione per agglomerati (centri abitati) con oltre 15.000 abitanti. La procedura di infrazione, iniziata nel 2009, alla quale non si sono date adeguate risposte, rischia di costare al paese fino a 700.000 euro /giorno. Tra gli agglomerati principali, oggetto di infrazione, ci sono città come Trieste, Reggio Calabria e Messina, ma anche note località turistiche come Capri, Ischia, Cefalù, Porto Cesareo e Rapallo. Emblematico il caso di quest’ultima città: la costruzione dell’impianto di depurazione è bloccata da anni per l’opposizione di vari comitati createsi nel tempo…Anche questo è Italia.
In Italia, secondo dati di Federutility, due italiani su dieci sono senza collettamento fognario, tre su dieci senza depuratori. Il 40% dei nostri fiumi è gravemente inquinato, circa nove milioni di italiani, al Sud in particolare, hanno seri problemi di approvvigionamento idrico. Una norma regionale della Regione Liguria, in contrasto con quanto imposto dalla normativa europea che prevede trattamenti di depurazione sempre più avanzati per ridurre il carico inquinante sversato nell’ecosistema, consente lo scarico a mare, purché ad 1 Km dalla costa e a 30 metri di profondità, dei liquami fognari tal quali, previo il solo trattamento di grigliatura.
Mentre in Francia e Germania si discute il divieto all’utilizzo, nei processi produttivi, degli interferenti endocrini o simulatori di ormoni (sostanze che se assunte sostituiscono la funzione degli ormoni)…
Gilbert Sinouè nel libro “A mio figlio all’alba del terzo millennio” racconta “L’umanità conserva in sé una memoria universale. Ogni essere umano ne rappresenta una frazione. Gli esseri, ma anche le cose, il più piccolo granello di sabbia, la schiuma del mare, una pietra, un albero, ogni elemento ha in sé una parte sacra. E’ uno dei motivi per cui, a prescindere all’istinto di sopravvivenza, questa meravigliosa eredità dovrebbe costringerci a rispettare l’ambiente nel quale ci siamo evoluti. Non ne siamo proprietari, siamo solo degli inquilini. Quando uccidi una vita, quando abbatti una quercia, quando torturi il mare, distruggi anche una particella della memoria del mondo. E un mondo senza memoria è come un uomo che ha perso il suo passato. Privo di riferimenti, va alla deriva e presto o tardi finisce per fracassarsi contro gli scogli.”
Per rappresentare il valore socio-politico dell’acqua cito un esempio a mio giudizio emblematico. Una delle prime volte che abbiamo sentito parlare del famigerato Isis è stato per l’assalto alla città di Mossul, caduta nelle mani dei jihadisti e successivamente riconquistata dai curdi iracheni. Accanto alla città sorge la più importante diga dello stato iracheno, il cui bacino di stoccaggio ha una capacità di 11.000 milioni di metri cubi di acqua, utilizzati per scopi irrigui, civili e industriali. Averne il controllo significa poter decidere delle sorti economiche e sociali del governatorato di Ninawa. Non sempre e solo esistono guerre sante…
Sempre Gorbaciov scrive che: “…L’acqua, come la religione e l’ideologia, ha il potere di muovere milioni di persone. Sin dalla nascita della civiltà umana, i popoli si sono trasferiti in prossimità dell’acqua.
I popoli si spostano quando l’acqua è troppo scarsa e quando ce n’è troppa.
I popoli viaggiano sull’acqua. I popoli scrivono, cantano, danzano e sognano l’acqua.
I popoli combattono per l’acqua e tutti, in ogni luogo e ogni giorno, ne hanno bisogno….”.
Nel 1995 Ismail Serageldin, vicepresidente della Banca Mondiale, fece una previsione sulle guerre del futuro che ha avuto grande risonanza:” Se le guerre del Ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua”. Le prime pagine di quotidiani, riviste e pubblicazioni accademiche parlano di insufficienza idrica in Israele, India, Bolivia, Messico, Ghana ma anche in Cina, Canada, Stati Uniti. Il 16 Aprile 2011 il New York Times apriva con un articolo sulla crisi idrica in Texas. L’articolo annunciava che “Per il Texas oggi, l’oro liquido è l’acqua non il petrolio…”
Senza la sicurezza idrica, la stabilità sociale, economica e nazionale è messa in pericolo. Questo assume aspetti più drammatici nei luoghi in cui l’acqua scorre attraversando i confini e diviene cruciale nelle regioni di tensione religiosa, territoriale o etnica. In alcuni casi, come tra India e Pakistan per il fiume Indo, la riuscita cooperazione in materia di risorse idriche può essere citata come prova che anche gli Stati con relazioni difficili possono lavorare insieme. In altri casi, non sono ancora state colte le opportunità di miglioramento delle relazioni regionali offerte dalla presenza di un corso d’acqua in comune. La valle del Giordano, condivisa dalle popolazioni di Israele, Palestina, Giordania, Siria e Libano, ne è un esempio.
Vandana Shiva scrive che “ Nel Punjab, una componente importante del conflitto che negli anni ottanta ha provocato oltre 15.000 morti è stata il continuo disaccordo sulla spartizione delle acque del fiume, Ma lo scontro, basato su un diverso modo di progettare la distribuzione delle acque dei fiumi del Punjab, è stato presentato con un caso di separatismo sikh. Una guerra per l’acqua è diventata una guerra di religione…”
Mi rimane da raccontare il tema più controverso: il valore economico dell’acqua. Sono molti quelli che sostengono che l’acqua costa troppo!!! Ma cosa significa? Partiamo da qualche dato: in Italia mediamente le tariffe del servizio idrico sono tra le più basse d’Europa, anche se esistono notevoli variabili da un territorio ad un altro. In media una famiglia di tre persone spende 307 euro all’anno, circa 25 euro al mese. Un metro cubo di acqua (1.000 litri) costa meno di un caffè!!! Ogni famiglia spende mediamente per l’acqua circa 40 centesimi al giorno. Confrontando il costo medio annuo italiano per l’acqua con la spesa media francese, 700 euro, o con quella tedesca e inglese, 770, non è possibile sostenere che l’acqua in Italia costa troppo. Quali sono i motivi di questa grande differenza? Una breve disgressione tecnica: la tariffa del servizio idrico (la bolletta dell’acqua, per intenderci) è il risultato di due componenti: i costi correnti annuali che il gestore deve sostenere per assicurare l’approvvigionamento idrico, la distribuzione dell’acqua potabile, il collettamento fognario e la depurazione finale e la remunerazione del capitale investito. Gli investimenti sono necessari per realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria e i progetti di miglioramento della qualità dell’acqua erogata all’utenza e quella scaricata dagli impianti di depurazione, con la costruzione di nuovi impianti di captazione e di depurazione e nuove reti di trasporto. La remunerazione del capitale investito pari al 7% è stata abrogata con il referendum del 2011 e sostituita con specifici accordi tra le Agenzie di Ambito territoriali e i gestori del servizio idrico, con le tariffe sempre approvate dall’Autority. Tutto questo per spiegare che se, riteniamo che l’acqua abbia un costo elevato non sarà possibile migliorare tutto quanto descritto finora. Oggi si stima che per riportare il livello delle infrastrutture idriche in linea con gli standard europei (rispondendo anche alla procedura di infrazione aperta dalla UE), sono necessari 65 miliardi di euro, che incidono sulla spesa familiare per circa 20€/anno per famiglia. Cito un altro esempio controverso, non soffermandomi sugli aspetti tecnici: i quotidiani e i telegiornali, ciclicamente, pongono l’attenzione sul fatto che in Italia le perdite di rete sono elevatissime (in Puglia, per alcuni tratti viene utilizzato come struttura di trasporto, l’acquedotto romano…). Dai dati forniti dal Censis, le perdite di rete in Italia sono pari al 31,9%, in Inghilterra al 15,5% e in Germania al 6,5%. Di contro in Germania si investe in questo campo l’equivalente di 80 euro per abitante all’anno e in Inghilterra 100, mentre In Italia ne investiamo solamente 30. Quando ero responsabile del Servizio idrico di Parma e Provincia, la voce di costo per “investimenti di sostituzione condotte servizio idrico” ammontava a circa 5 milioni di euro all’anno. Si calcola che una condotta, costruita con nuovi materiali, abbia una vita utile di circa 30 anni. E’ facile calcolare che deve essere sostituito circa il 3% di condotte ogni anno se si vuole mantenere in efficienza la rete. È chiaro che le perdite di rete diminuiscono con l’aumentare degli investimenti…
Esiste un’altra contraddizione sul costo eccessivo dell’acqua pubblica. L’Italia è il terzo consumatore, dopo Arabia Saudita e Messico, di acqua minerale in bottiglia. Per fare un paragone di prezzo 1 litro di acqua minerale costa quanto 100 litri di acqua potabile e quest’ultima, come qualità non ha nulla di invidiare a quella in bottiglia. Anzi su l’acqua che esce dal rubinetto sono stati eseguiti molti più controlli di qualità.
Non vorrei dilungarmi troppo sul valore economico dell’acqua ma voglio portare la vostra attenzione su un ultimo tema: purtroppo, per il modo errato di pensare del mondo occidentale, se una cosa vale poco non ci si pone il problema dello spreco… Fidel V. Ramos, ex Presidente delle Filippine scrive che “…L’acqua è un bisogno tanto fondamentale da indurre molti a pensare che dovrebbe essere gratuita. Di fatto, l’acqua è un diritto umano, ma io ritengo che l’equazione “diritto umano uguale bene gratuito” sia errata. Al contrario, a ogni diritto corrisponde un obbligo, una responsabilità e un costo; nel caso dell’acqua, il costo è sotto forma di una tariffa, che riconosce all’acqua un valore economico e che, in questo modo, promuove la sua conservazione e un uso efficiente…
Dobbiamo ricordare che il valore e il prezzo dell’acqua sono due cose assai differenti; è un elemento che deve essere usato in modo efficiente, ma deve essere disponibile per il sostentamento di tutti, compresi gli ecosistemi naturali. Questo rende la determinazione del prezzo dell’acqua una questione complessa…”
Infine, ho mantenuto per ultimo il valore più importante dell’acqua, quello etico: l’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo enuncia che “L’acqua è il più importante elemento necessario affinché a ognuno sia assicurato il diritto umano universale a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia”.

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