Alfabetizzazione: una sfida per il futuro

Elena Caldirola, Direttore del Centro E-Learning e Innovazione Didattica dell’Università di Pavia

 

Secondo quanto si legge nella Dichiarazione di Persepoli, adottata dall’UNESCO nel 1975, l’alfabetizzazione è molto più del semplice processo di imparare a leggere, scrivere e contare. Si tratta infatti di “un contributo alla liberazione dell’essere umano e al suo pieno sviluppo” e, in quanto tale, rappresenta un diritto fondamentale per tutti.

L’alfabetizzazione universale rappresenta una delle grandi battaglie perse (per ora) dell’umanità. Tra gli Obiettivi del millennio che le Nazioni Unite si erano date nel 2000 figurava quello di allargare a tutti gli esseri umani la possibilità di accedere a un’istruzione primaria. Entro il prossimo 31 dicembre i Millennium goals andranno rivisti, ma sappiamo già che quello dell’alfabetizzazione non è stato raggiunto: l’analfabetismo grava ancora sulle spalle di 774 milioni di adulti nel mondo, due terzi dei quali sono donne.

I paesi più sviluppati, tuttavia, non sono certo esenti dal problema, che qui si manifesta soprattutto sotto forma di “analfabetismo funzionale”. Questo concetto, introdotto nel 1965, si applica a coloro che non hanno le abilità necessarie per essere membri produttivi della società moderna – circa 160 milioni di adulti – che non sono in grado di compilare un questionario, seguire delle istruzioni, leggere una mappa o aiutare i propri figli con i compiti.
“La situazione è esacerbata dall’avvento di nuove tecnologie e dalle moderne knowledge societies, che rendono l’abilità di leggere e scrivere ancora più essenziale”, ha commentato Irina Bokova, Direttore Generale dell’UNESCO, nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale per l’alfabetizzazione. È anche per questo che il tema della Giornata di quest’anno è “Alfabetizzazione per il XXI secolo”, scelto per puntare i riflettori sull’ampia gamma di abilità richieste per poter partecipare attivamente alla vita di una società globalizzata e in continua evoluzione come la nostra: conoscenza delle lingue straniere, comprensione della diversità culturale, lifelong learning e competenze informatiche solo per citarne alcune.
I dati sono allarmanti. Oltre 774 milioni gli adulti non hanno competenze minime di alfabetizzazione, un adulto su cinque non è ancora alfabetizzato e due terzi di loro sono donne; 60,7 milioni di bambini non vanno a scuola e molti altri frequentano irregolarmente. Secondo il “Global Monitoring Report on Education for All” redatto dall’UNESCO, l’Asia meridionale e occidentale ha il più basso tasso regionale di alfabetizzazione degli adulti (58,6 %), seguita da Africa sub-sahariana (59,7 %) e dagli Stati Arabi (62,7%).
I paesi con i tassi di alfabetizzazione più bassi al mondo sono Burkina Faso (12,8%), Niger (14,4%) e Mali (19%). Il rapporto mostra una chiara connessione tra l’analfabetismo e paesi in grave povertà, e tra analfabetismo e pregiudizi nei confronti delle donne.
A tutta questa situazione, già di suo drammatica, va aggiunto ora il fenomeno delle migrazioni massive dai Paesi del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale e Centrale verso i Paesi Europei.
Non si tratta più pertanto di sviluppare delle politiche regionali (nei paesi sopra citati) in cui mettere a punto delle strategie di lotta all’analfabetismo, ma di allestire, nei paesi fortemente industrializzati, progetti, metodi e tecniche per poter recuperare alla dignità della vita civile centinaia di migliaia (in un prossimo futuro, milioni) di persone.
Se la prima crisi avvertita è quella umanitaria e di mero salvataggio e sussistenza delle persone, ben presto verrà a palesarsi il problema dell’integrazione sociale e culturale nelle società europee di queste grandi e disomogenee masse di migranti, alcuni classificabili come rifugiati, aventi pertanto diritto a standard predefiniti di accoglienza, altri semplici clandestini, persone che cioè arrivano in Europa senza aver chiesto visti, molto spesso senza documenti e che chiedono semplicemente di essere accolti perché in fuga da una vita miserevole e priva di futuro.
La disomogeneità riguarda non solo lo status giuridico ma anche il livello di istruzione posseduto e le aspettative di tali soggetti. Abbiamo visto dai reportage sviluppati dai media sull’argomento che tanta parte della buona borghesia siriana è scappata dal proprio paese: si tratta di persone con un buon grado di istruzione, che chiederà nel tempo azioni di qualificazione formativa di livello elevato, e con una certa profonda e articolata diversificazione.
D’altra parte, arrivano anche persone totalmente da formare e da integrare, cominciando proprio dall’alfabetizzazione di base.
Le linee di azione da intraprendere sono molte. Per le persone più acculturate e desiderose di una alfabetizzazione, se così possiamo dire, di secondo livello, l’intenso uso delle nuove tecnologie, internet, social network, risorse Open (OER) e percorsi di apprendimento digitali, aperti, flessibili e distribuiti è da vedere con grande favore. La Germania si sta attrezzando in questo senso: è in corso una iniziativa per fornire corsi di laurea gratuiti e liberi, aperti ai rifugiati, sfruttando la potenzialità delle tecnologie MOOCs (Massive Open Online Courses). Per fare questo si sta costruendo un’infrastruttura amministrativa anche legata al crowdfunding (per ogni ulteriore approfondimento, cliccare qui).
D’altra parte, moltissimi studi svolti anche da prestigiose università hanno dimostrato che le tecnologie educative sono percepite dalle persone con un minor livello culturale come una barriera ulteriore all’apprendimento, piuttosto che come una risorsa. Tali persone vanno assistite e iniziate a percorsi formativi tramite azioni tradizionali frontali e solo in un secondo momento, quando soprattutto le necessità affettive e le competenze relazionali si sono assestate, l’uso delle nuove tecnologie educative può risultare fruttuoso.
L’Unesco, nel suo Global Meeting on Literacy and Sustainable Societies, che ha avuto luogo l’8 e il 9 settembre scorso, ha rilasciato un sintetico documento che si compone di un preambolo, di strategie operative-chiave, e di obiettivi/desiderata di lungo termine, in sostanza si tratta di una roadmap con cui affrontare questo fenomeno nei prossimi decenni. Una roadmap che è una vera sfida, esplicitata in 12 punti.
Tutti (e specialmente i governi e le organizzazioni internazionali) dovremo confrontarci con esso e soprattutto prenderne spunto.
Secondo le parole di Irina Bokova, l’alfabetizzazione è fondamentale per porre fine alla povertà, ridurre la mortalità infantile, frenare la crescita della popolazione, raggiungere la parità di genere, perseguire lo sviluppo sostenibile ed assicurare pace e democrazia. Alla luce di tutto ciò, l’invito rivolto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite agli Stati Membri è quello di renderla una priorità nazionale, anche aderendo alla sua iniziativa “Global Education First”.
L’alfabetizzazione non è solo una necessità educativa, bensì l’investimento definitivo per il futuro.

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