Quale acqua bere?

Francesco Riganti, professore di “Normazione e certificazione” nell’Università di Pavia e di “Organizzazione e gestione della sicurezza aziendale” nell’Università dell’Insubria.

Quale acqua bere? E’ una domanda che molti consumatori si pongono. 

La relazione si propone di fornire gli elementi per una risposta, che ciascuno potrà dare secondo la propria sensibilità. Difatti, vengono illustrate le analogie e le differenze tra l’acqua minerale e l’acqua di rubinetto, in termini di qualità, sicurezza, caratteri organolettici, ecc., così da consentire una scelta basata su dati di fatto e non soltanto su elementi emozionali.

Ai tempi della mia fanciullezza (per intenderci, prima della seconda guerra mondiale) l’acqua minerale naturale si comperava in farmacia ed aveva fama di possedere virtù terapeutiche. Fama che ha conservato per lunghi anni, almeno fino a quando la legge ha stabilito che queste proprietà, che pure possono essere presenti nelle acque bevute alle Terme sotto controllo medico, non potevano più essere vantate per le acque acquistate dal commercio.  Al più, potevano essere presenti effetti salutari: le acque minerali imbottigliate potevano favorire la diuresi, favorire la digestione, e così via, sempre che ne fosse data dimostrazione con specifiche analisi farmacologiche.

L’acquisto delle acque minerali naturali viene ora effettuato quasi sempre nei normali circuiti commerciali, al costo di circa 0,20-0,30 Euro alla bottiglia, da confrontare con quanto paghiamo l’acqua del rubinetto: 0,50 Euro per mille litri!

E’ lecito quindi chiederci che cosa distingua l’acqua minerale naturale dalla comune acqua di rubinetto e se questa enorme differenza di prezzo sia giustificata.

L’acqua minerale naturale deve essere attinta da una sorgente sotterranea e deve essere caratterizzata dalla “purezza originaria”. Questo significa che deve essere priva fin dalla sorgente di microrganismi patogeni, povera di microrganismi saprofiti, non contenere inquinanti di origina umana in concentrazioni rilevabili, non contenere inquinanti di origine naturale (come i metalli pesanti) al di sopra di limiti fissati dalla legge con criteri cautelativi; queste caratteristiche devono esse mantenute fino a quando l’acqua arriva sulla tavola del consumatore. Solitamente, la permanenza dell’acqua minerale naturale nel circuito commerciale (cioè il tempo che intercorre tra l’imbottigliamento e l’acquisto da parte del consumatore) è intorno ai 15 giorni.

L’acqua di rubinetto può provenire anche da corpi idrici superficiali (fiumi, laghi, bacini artificiali); deve essere solitamente trattata per disinfettarla (nel qual caso contiene tracce dei sottoprodotti di disinfezione) e molte volte depurata da sostanze indesiderate; durante il suo trasporto nella rete dell’acquedotto richiede la cosiddetta cloroprotezione, cioè l’aggiunta di un disinfettante (solitamente a base di cloro) utile per impedire reinfezioni batteriche ma che può impartire odori e sapori non graditi. Al rubinetto di casa è comunque sicura, in condizioni igieniche molto buone e tra la captazione e l’arrivo al rubinetto sono trascorse solo poche ore.

Dal punto di vista chimico, le due tipologie di acque devono rispettare tabelle di accettabilità diverse, che oggi (a differenza del passato) sono, per quasi tutti i componenti, più severe per le acque minerali naturali, ma sono comunque del tutto cautelative. Le acque con contenuto di sali minerali inferiore a 500 milligrammi/litro sono dette oligominerali: quali tutte le acque minerali naturali e quasi tutte le acque di acquedotto distribuite in Italia hanno una composizione che le fa rientrare in questa categoria.

Vi sono acque di acquedotto che vengono regolarmente imbottigliate e vendute come acque da tavola (è proibita qualunque denominazione atta a confonderle con le acque minerali naturali) le cui caratteristiche e proprietà non sono diverse da quelle delle acque minerali naturali.

I controlli chimici e microbiologici sono effettuati sia dai gestori degli impianti (di imbottigliamento o di distribuzione in rete), sia dalle Aziende Sanitarie Locali, tanto alla fonte quanto su campioni prelevati dal commercio o ai rubinetti. Poiché le acque minerali naturali sono considerate alimenti, il loro processo produttivo deve anche sottostare alle norme note con la sigla HACCP, cioè all’autocontrollo dei punti critici che la legge impone per tutti i prodotti alimentari.

Contrariamente all’opinione corrente, possiamo ritenere che il livello dei controlli sia sostanzialmente uguale per le due categorie di acque.

Sono del tutto ingiustificate le diffidenze di molti consumatori verso le acque minerali naturali; sono altrettanto ingiustificate le diffidenze verso le acque di acquedotto, alle quali tuttavia si può imputare, a volte, una minor gradevolezza dovuta ai trattamenti subiti.

Ed è questo uno dei fattori che contribuisce alla grande diffusione del consumo delle acque minerali naturali.

In materia di qualità bisogna sempre ricordare che, accanto a una “qualità reale” (legata alla composizione di una merce) ed alla “qualità legale” (legata al rispetto delle prescrizioni dettate     dalla legge), esiste una “qualità emozionale” legata alla percezione del consumatore, che per motivi non sempre razionali ma comunque leciti e rispettabili, privilegiano certe merci rispetto ad altre. Si pensi alla scelta che ciascuno di noi ha fatto e continua a fare verso un certo tipo di telefono cellulare piuttosto che un altro, sostanzialmente equivalenti ma che noi vediamo come differenti; e a un livello superiore, verso una certa marca di automobile o di scooter. Scelta che comporta spese anche molto diverse, ma che comunque nessuno si sogna di contestare.

Quattro consumatori su cinque vedono nelle acque minerali naturali un plus rispetto all’acqua del rubinetto.

Non è la comodità di trasporto: si potrebbe benissimo riempire la bottiglia di plastica con acqua di rubinetto e pagare mille volte meno.

Non è (o non è sempre) il fascino delle bollicine: il consumo di acque minerali non gassate è prevalente su quello delle acque frizzanti. E’ diffusa l’opinione che l’acqua gassata possa dare disturbi allo stomaco: in realtà, un’acqua minerale con un buon residuo fisso (quindi non minimamente mineralizzata) dovrebbe avere sufficiente potere tampone per non rilasciare subitaneamente l’anidride carbonica nello stomaco. E’ anche in questo caso una questione di scelta.

E’ invece il timore (solo a volte giustificato) di una non adeguata qualità sostanziale dell’acqua di acquedotto, più spesso è la percezione in quest’ultima di odori o sapori sgradevoli, anche se ininfluenti rispetto all’igiene. Oppure è la convinzione di una superiorità dell’acqua minerale naturale in termini di effetti favorevoli alla salute.

Ma a che cosa è dovuta l’enorme differenza di costo tra un litro di acqua minerale naturale e un litro di acqua di rubinetto? Per rispondere, dobbiamo ricordare che, per merci cosiddette “mature” (cioè che siano in commercio da molto tempo e non presentino più un carattere di novità), il prezzo è un indice delle risorse che sono necessarie per farle pervenire all’utilizzatore: costi di produzione, imballaggio, trasporto, vendita, pubblicità, guadagno degli operatori che gestiscono questa catena. Orbene, nel caso delle acque minerali naturali, il calcolo delle varie componenti di costo porta a concludere che 0,20 euro alla bottiglia è un prezzo equo, non particolarmente gravato dalle spese di pubblicità, che sono poco rilevanti per le acque minerali naturali a basso prezzo. Naturalmente, per le acque di grande marca i costi legati all’immagine sono ben più significativi e il consumatore è disponibile a pagare molto di più per acquistare una bottiglia che ritiene più pregiata.

Anche quando un acquedotto imbottiglia la propria acqua, deve affrontare costi del tutto analoghi a quelli del produttore di acqua minerale naturale, per cui le acque da tavola hanno costi paragonabili e qualche volta superiori.

Il gestore di un acquedotto, grazie alle economie di scala e al peculiare mezzo di consegna al consumatore (rete acquedottistica), ha invece costi unitari inferiori di più di un ordine di grandezza e può praticare prezzi molto inferiori. In altre parole, praticamente non paghiamo il contenuto della bottiglia o del bicchiere (cioè, non paghiamo l’acqua), bensì paghiamo tutto quello che occorre per portarla sulle nostre tavole.

Ci si può attendere, a questo punto della nostra trattazione, che si dia una risposta alla domanda: quale acqua bere? La risposta la diamo, per onestà intellettuale*. Ma non è e non può essere univoca e potrebbe non essere condivisa.

Se il vostro acquedotto vi fornisce un’acqua gradevole al gusto e non subite il fascino delle bollicine, bevete tranquillamente l’acqua dell’acquedotto. Gran parte delle acque di acquedotto corrispondono, come residuo fisso, ad acque oligominerali, sono igienicamente ben accettabili e il loro prezzo è intorno a 0,0005 Euro per litro.

Se il vostro acquedotto vi fornisce un’acqua il cui gusto non vi è gradito, potete ricorrere tranquillamente alle acque confezionate: sono un’alternativa valida.

I vari tipi di acqua confezionata sono sostanzialmente equivalenti. Non vi è relazione diretta tra qualità di un’acqua confezionata e prezzo: scegliete quella che vi dà maggior soddisfazione al minor prezzo. Ma non pagherete meno di 18-20 centesimi di Euro per confezione e mediamente pagherete circa 30 centesimi di Euro.

Richiedete comunque sempre la trasparenza: il gestore del vostro acquedotto è sempre tenuto a fornirvi le informazioni sulla qualità dell’acqua che vi fornisce; chi vi propone acque confezionate diverse dalle acque minerali naturali non deve utilizzare denominazioni che vi inducano in inganno.

Richiedete sempre che l’acqua minerale naturale che consumate in un esercizio pubblico sia aperta davanti a voi.

Il ricorso ad impianti di trattamento al punto d’uso è probabilmente l’alternativa più costosa ed anche quella meno consigliabile, se non siete in grado di garantire una perfetta manutenzione. Un impianto di trattamento al punto d’uso ben funzionante è sicuramente in grado di togliere all’acqua di rubinetto – che, non dimentichiamolo, è già potabile – la scarsa gradevolezza determinata dalla presenza di sostanze (ferro, sottoprodotti di disinfezione, cloro) che ne diminuiscono la qualità percepita. Il problema è che, in mancanza di una manutenzione molto accurata (la cui frequenza dipende dall’uso che se ne fa e dalle caratteristiche dell’acqua trattata ed è quindi difficilmente programmabile), può perdere di efficacia e anche diventare sede di colonie batteriche, che vengono poi rilasciate con l’acqua.

Va però detto, per concludere sul tema delle acque minerali naturali, che il loro impiego termale è ben diversa cosa dal loro impiego come bevanda da tavola.

Quasi tutte le acque minerali utilizzate nelle Terme rientrano nella particolare categoria delle acque termali, caratterizzate da un reale effetto terapeutico se impiegate nella giusta indicazione medica e in ambiente controllato. Oggi le Terme, con le loro acque minerali, hanno un ruolo importante sia nella cura di svariate patologie, sia per conseguire un maggior benessere anche per le persone sane.

Sempre per onestà intellettuale, riteniamo che le critiche del tipo “Bere acqua minerale è una abitudine da ricchi” e “I mercanti fanno affari con il nostro rubinetto” siano critiche di carattere politico e sociale e su questo piano debbano essere accettate o combattute.

 

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