Sinossi della corruzione

Giovanni Votta, capotreno, socio del Rotary eClub 2050.

Appassionato da sempre di politica, lo scorso anno, in occasione delle elezioni amministrative del mio comune, sono sceso in campo con l’intento di servire la comunità.
Le motivazioni, che mi hanno dato la forza per mettermi in gioco, sono comuni alla maggioranza della popolazione, che, giorno dopo giorno, è sempre più insofferente nei confronti di quegli amministratori pubblici e quei gruppi dirigenti che si credono eterni. Il cui fallimento grava sulle nostre vite e ci restituisce la necessità di tornare a un impegno civico che per troppo tempo abbiamo delegato. Le nostre famiglie assistono impaurite al depauperamento del sistema di relazioni sociali e lavorative che per decenni non è mai stato messo in dubbio e che per il quale ancora non si prospettano scenari nuovi all’orizzonte.
Quella che vorrei proporvi è una breve ricerca sul tema della corruzione, una pratica presente sul nostro territorio da millenni, che ci ha resi agli occhi del mondo “magister” in tal senso. La corruzione in diritto indica, in senso generico, la condotta propria del pubblico ufficiale che riceve denaro (detta tangente) o altre utilità che non gli sono dovute, creando spesso un danno economico. Uno stato nel quale prevale un sistema politico incontrollabilmente corrotto viene definito “cleptocrazia”, cioè “governo di ladri”, oppure, nel senso più dispregiativo del termine, “repubblica delle banane”.
Questa può esistere in ogni tipo di organizzazione, ma quella che si manifesta nelle istituzioni pubbliche sembrerebbe essere la forma peggiore.
Nel 2013 il barometro della corruzione globale, pubblicato da Trasparency International, affermava che a livello mondiale era opinione comune che le cinque istituzioni più corrotte fossero: i partiti politici, le forze di polizia, gli amministratori pubblici, il parlamento e la magistratura. Cattura In una società i cui amministratori sono corrotti, è logica conseguenza pensare che tale pratica sia diffusa anche ai livelli più bassi. Se fosse così, non potremo mai pretendere di avere un governo con delle istituzioni oneste se alla base vi è già radicata una certa forma di corruzione.
Periodicamente, viene data la possibilità ai cittadini di eleggere i propri rappresentati; in teoria questa pratica dovrebbe permettere al “demos” di mettere fuori gioco gli amministratori incapaci e/o corrotti. In effetti, campagne elettorali ed elezioni sono terreno fertile per atti di corruzione. Offrendo contributi per le campagne elettorali, o attraverso altri mezzi, chi ha grosse disponibilità economiche può esercitare indebite influenze su chi riveste, o potrà rivestire, una carica pubblica.
Non c’è da sorprendersi se molte persone pensano che i partiti politici siano le istituzioni più corrotte in assoluto.
I governi sono finanziati dai cittadini, generalmente attraverso un sistema di tassazione. Questo flusso di denaro induce alcuni amministratori al furto ed altri ad accettare tangenti da cittadini che chiedono determinati vantaggi, siano essi personali o economici. Così si innesca un circolo vizioso: il governo aumenta le tasse per sopperire alle perdite e questo a sua volta genera ancor più corruzione. In un sistema simile, i cittadini onesti sono quelli che ne risentono maggiormente.
Nella lotta alla corruzione, l’errore peggiore che un governo possa intraprendere è quello di produrre tante leggi specifiche per delinearne meglio gli ambiti di azione, il cui fine, apparente, sarebbe quello di migliorare le cose. Tuttavia alcuni esperti hanno riscontrato che aumentare il numero delle leggi spesso fa aumentare i casi di corruzione ed evasione. Inoltre, le leggi volte a ridurre la corruzione generalmente richiedono molte risorse per essere applicate e producono pochi risultati.
Ma l’impegno per eliminare la corruzione “dovrebbe cominciare dall’anima”.
Dietro alla corruzione ci sono avidità ed egoismo. Amministratori pubblici e cittadini manifestano spesso queste qualità negative. Per eliminare la corruzione, quindi, si dovrebbe insegnare alle persone ad estirpare sentimenti profondamente radicati come l’avidità e l’egoismo appunto. Ma questo è un programma educativo che i governi non hanno né la volontà né la capacità di offrire ai cittadini. Anche nel migliore dei contesti e con la più alta educazione morale, alcuni deciderebbero comunque di essere disonesti e corrotti.
Il socio Rotariano Herbert J. Taylor concepì la “prova delle quattro domande”, un codice etico che fu adottato ufficialmente dal Rotary già nel 1943, e che sarebbe utile, se fosse adottato dagli amministratori pubblici e capitani d’azienda in tutto il mondo.
La prova, consiste nel porsi quattro domande fondamentali:

Ciò che penso, dico o faccio:
1. Risponde a verità?;
2. E’ giusto per tutti gli interessati?;
3. Promuoverà la buona volontà e migliori rapporti d’amicizia?;
4. Sarà vantaggioso per tutti gli interessati?
Credo che il nostro compito, in qualità di cittadini e di rotariani, sia quello di partecipare al processo pubblico di ricostruzione delle coscienze collettive, di lottare contro il disfattismo di quanti sanno solo urlare. La condotta morale, a fondamento dei principi rotariani, con la quale portiamo avanti le nostre attività, deve essere ad esempio per la collettività. Non è una missione che possiamo svolgere da soli, naturalmente, e quello che possiamo sperare, quindi, è che la diffusione e gli effetti distruttivi della corruzione vengano, tutt’al più, limitati.
Cosa ne sarebbe della corruzione se fossimo tutti rotariani?

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